giovedì 11 novembre 2010

ALLUVIONI E INCURIA: ITALIA IN GINOCCHIO

Ultimamente il maltempo ce ne sta facendo passare di tutti i colori. Forse non è solo un faccenda meteorologica, forse c'entra (anche) una cattiva manutenzione dei centri urbani (case, strade, infrastrutture),  per non parlare delle aree di interesse storico, come Pompei. Forse, diciamo. Viene quantomeno il sospetto, dato che la situazione in questi 3 mesi è stata pietosa da nord a sud dello stivale (che è stato stivale più che mai, viste le continue precipitazioni). All'inizio di settembre in Calabria le strade sembravano fiumi in piena carichi di fango e detriti portati dalle frane; a Milano un paio di giorni sotto l'acqua sono stati sufficienti a far esondare il Seveso e sommergere parte della metropolitana 3 , la "linea gialla"; a ottobre in Toscana la pioggia ha provocato disastri, addiritura 3 morti a Prato; nessuna vittima, puro miracolo, ma danni importanti anche in Liguria. A inizio di novembre l'alluvione si è abbattuto sul Nord Est, il Veneto è in ginocchio. Il governatore leghista Luca Zaia chaiama il fair play tra destra e sinistra, invoca il "no fly zone" della politica e scampa pure da un'accusa - falsa - di avere anche lui fatto festini con escort durante l'emergenza. La risposta del governo è stata più rapida che mai: 300 milioni subito, 700 milioni messi a disposizione dalle banche attraverso prestiti agevolati a famigle e imprese, rate dei mutui sospesi a chi ha avuto la casa allagata o lesionata.
Nel frattempo esce un'ANSA, che ripubblichiamo:
Solidarieta' per quanto accaduto in Veneto a causa della recente alluvione, ma il governo non puo' usare due pesi e due misure nel risarcimento dei danni. Lo ha dichiarato l'assessore alla Protezione Civile della Liguria, Renata Briano, ricordando le alluvioni che hanno colpito di recente la regione e l'attesa di fondi per i danni subiti.
L'assessore ha ricordato che a fronte di una richiesta danni stimata oltre i 200 milioni di euro, di cui 110 milioni per opere di messa in sicurezza e 18 milioni per le somme urgenze nel comparto pubblico, il governo, pur riconoscendo lo stato di emergenza, ha messo a disposizione solo 10 milioni.


Mario Oriani e Diego Baraldi

lunedì 8 novembre 2010

SCHIAVONE: UNA METEORA?

La tennista Schiavone ci ha portato a credere che il nostro tennis fosse uscito dalla crisi infinita nella quale siamo precipitati da anni e anni. Vincere al Roland Garros non è poco. E La Schiavone lo ha vinto. Festa nazionale. Ma da allora anche lei si è spenta dopo tanta fugace gloria. Domenica 7 Novembre ha perso la Fed Cup contro la n° 67 al mondo, Melanie Oudin con uno schiacciante 6-3 6-1. Era una meteora? Si è montata le testa? E’ stata fortunata e dopo troppo sfortunata? E’ ammalata? Qualcuno saprà spiegarci cosa le è accaduto? O noi siamo troppo facili agli entusiasmi? E il presidente del CONI troppo precipitoso a portarla dal Presidente Napolitano al Quirinale?

domenica 7 novembre 2010

POMPEI: CULTURA "IN POLVERE". GUARDA NAPOLI E POI ...SCAPPA?

Nel Parco nazionale del Vesuvio, vicino a Torre Annunziata, uve meravigliose crescono per la produzione del Lacryma Christi bianco e rosso, la famosa "palummina" spicca a grappoli scuri e compatti sulle viti a perdita d'occhio. A 9 chilometri e mezzo c'è Terzigno e i guai della monnezza (ahi ahi ora che se ne andtà Bertolaso).  A 4 chilometri e mezzo Pompei. Che cade a pezzi. In molti avevano già gridato allo scempio dell'incuria di uno dei tesori più belli della nostra povera Italia, ed ecco che finalmente, si fa per dire, la cultura va in polvere e crolla una struttura vecchia di 2000 anni che pure alle bombe di due guerre e alle lave del Vesuvio aveva resistito. Ma nulla ha potuto davanti alla cattiva gestione dei lavori di restauro (persino il cemento armato è stato usato, su strutture che, non bisogna essere architetti esperti, sono troppo antiche per poterla reggere!), alla pessima pianificazione dell'uso dei denari, cose di cui parte della responsabilità non  può non andare all'amministrazione del ministro Bondi, che non può dare la colpa alla pioggia per il disastro accaduto. Perchè se così è, si sa, la pioggia è colpa del governo.

FINI ROMPE CON BERLUSCONI. MA C'E' DA FIDARSI?

"Gli uomini passano e le idee restano". L'atteso discorso di Bastia Umbra si apre con il presagio di quello che viene presto, finalmente, dichiarato con chiarezza dal presidente Fini: il Pdl e Berlusconi, per Fli, sono una pagina chiusa. C'è anche Luca Barbareschi, l'attore, deputato di Futuro e Libertà, che è passato ai finiani dopo aver remato un po' contro il suo attuale partito, che secondo lui era colpevole di portare  in Rai <<solo le mignotte>>.
Comunque i giochi sono fatti, si palesa sempre di più il sospetto, abbozzato da molti, che l'ex delfino di Almirante si prepari ad affilare le armi per la stoccata finale al capo della maggoranza. Ma non ci si deve dimenticare, e non lo faccia nemmeno quella parte della sinistra a cui Fini piace tanto solamente perchè va contro Berlusconi (e riesce pure a infastidirlo, Bersani e Franceschini non ci sono mai nemmeno andati vicini), che si sta parlando della stessa persona che con la svolta di Fiuggi ha tradito i valori di un partito e le aspettative del suo mentore, tanto che donna Assunta anche di recente ha commentato il suo atteggiamento: "per colpa di Fini mio marito Giorgio si rivolta nella tomba, e si tappa le orecchie". Gli uomini passano, le idee restano. In verità Fini dimostra che passano tutte e due, uomini e idee. Qui c'è da stare inguardia. Uomini (della sinistra) avvisati ...

giovedì 4 novembre 2010

MALPENSA: DELLA VALIGIA ROSSA CHE ARRIVA SEMPE PRIMA E DEI TAXI CHE SPESSO COSTANO TROPPO

Leggiamo e pubblichiamo una lettera di un lettore apparsa sul Corriere della Sera il 4 Novembre che ci è parsa particolarmete degna di nota. Racconta di un probabile espediente usato nei terminal per taroccare i dati di rating internazionale sulla qualità dei servizi in aeroporto. A cui aggiungiamo anche un suggerimento per chi, una volta recuperato il proprio bagaglio, deve servirsi di un taxi. Le tariffe indicative sono:
- Malpensa/Milano (qualunque via) o viceversa: 85 euro
- Malpensa/Fiera Milano (Rho) o viceversa: 60 euro
- Malpensa/Linate o viceversa: 95 euro
- Linate/Fiera Milano (Rho) o viceversa: 50 euro
Le tariffe sono per il 2009, a Luglio del 2010 avrebbe dovuto esserci un ritocco (ovvio: verso l'alto), ma non se ne trova traccia in rete. Comunque se vi chiedono 100 euro per andare a Milano, sappiate che con ogni probabilità vi stanno truffando.
Si paga solo quello che c'è sul tassametro, non esistono costi aggiuntivi, come spese per il rientro o maggiorazioni di sorta, che il tassamentro già conteggia. Se qualcuno ci prova, chiedete ricevuta di pagamento con indicazione di numero del taxi, data ed orario della corsa, percorso effettuato, somma pagata. Poi rivolgetevi al Servizio Autopubbliche del Comune di Milano – via Messina, 53 – telefono 02-884.65292 –884.65290 – fax 02-884.65293.

Ecco ora il pezzo del Corriere

«Quella valigia rossa che arriva sempre per prima a Malpensa»
Il trolley senza etichette compare anche 20 minuti prima degli altri bagagli. «L'ho aperto: solo vecchie riviste»

«Viaggio moltissimo e ho notato più volte come a Malpensa, sul nastro trasportatore di bagagli, appaia spesso una valigia rossa come prima valigia consegnata. La fortunata valigia fa fermare il cronometro che appare sui monitor che indica il tempo trascorso tra l'atterraggio e la consegna del primo bagaglio. Purtroppo dopo la valigia rossa, il nulla per 20 minuti prima che le altre valigie appaiano sul nastro. Ieri sera di nuovo si è presentata per prima e solitaria più che mai la solita valigia rossa. Stufo di essere preso in giro, ho guardato bene la valigia, constatando che non vi era alcuna etichetta di viaggio che indicasse la destinazione e la provenienza. Ebbene, l'ho aperta, certo del fatto che non appartenesse a nessuno, e al suo interno ho trovato solo delle vecchie riviste e del polistirolo. Ecco dunque svelata l'ennesima truffa degli operatori della Sea: i tempi medi di consegna bagagli, che vanno ad influenzare statistiche internazionali e rating sulla qualità del servizio dell'aeroporto, sono truccati con questo stratagemma all'italiana. In allegato fotografie della valigia, del suo contenuto e del monitor del nastro, che indica solo 2 minuti di tempo di consegna (minuti realmente trascorsi: 16).»

martedì 19 ottobre 2010

I MISTERI DELLA BANCA ARNER

Arner è il nome di una banca svizzera di 250 dipendenti con sede centrale a Lugano, proprio sul lungolago, e filiali a Dubai, Nassau, San Paolo. E a Milano, in Corso Venezia al 54. Offre, si legge sul sito, servizi di consulenza finanziaria e management. Oltre (questo sul sito non c’è, ma non è segreto di stato) riservatezza assoluta e rifugi esentasse.
Di recente Arner è salita agli onori della cronaca per essere finita al centro di un’indagine per riciclaggio che solleva dubbi e sospetti pesantissimi in particolare sull'attività della sua succursale italiana. Nel mirino ci sarebbero giochi di sponda milionari con i paradisi fiscali. E il coinvolgimento diretto della banca nella creazione di fondi neri che riguardano Fininvest e Mediaset.
Secondo quanto scrivono Peter Gomez e Vittorio Malagutti su L’Espresso del 15 Maggio 2008 tutto avrebbe inizio con una telefonata.
 “Poche frasi secche pronunciate nel settembre 2005 da un uomo dal forte accento palermitano che si era presentato al banchiere svizzero Nicola Bravetti come ‘il signor Moro’. <Allora ci vediamo da Paolo giovedì>, aveva detto l'uomo prima di chiudere la conversazione”.

La vicenda assume rilevanza da subito perché Nicola Bravetti non è uno qualunque. “E’ fondatore (con Giacomo Schraemli, Ivo Sciorilli Borelli e Paolo Del Bue, precisa Roberto Bagnoli sul Corriere del 16 Novembre 2009), direttore e azionista della Arner Bank, l'istituto di credito che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, utilizza da quasi vent'anni per gestioni di patrimoni e operazioni finanziarie”.

Chi fossero quei misteriosi “Signor Moro” e “Paolo”, gli investigatori della Guardia di Finanza di Como, “che avevano messo sotto controllo i telefoni di Bravetti per sgominare una banda di spalloni specializzata nell'esportazione di valuta, gioielli e lingotti d'oro” lo scoprono nel giro di tre giorni. “Moro era Francesco Zummo, un importante costruttore siciliano legato a Cosa nostra (il cui nome compare spesso negli atti del maxi-processo istruito da Falcone e Borsellino) e all'ex sindaco (di Palermo, ndr) Vito Ciancimino (arrestato nel 1984 dopo che il pentito Tommaso Buscetta lo definì “organico” dei corleonesi, condannato nel 2001 a tredici anni di reclusione per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa e morto nella sua abitazione a Roma, dov’era agli arresti domiciliari, il 19 Novembre 2002, ndr)”.

Paolo, invece, era Paolo Sciumè, uno dei più noti avvocati d'affari milanesi, “all'epoca membro del consiglio di amministrazione della Banca Mediolanum, di quello del Teatro alla Scala su nomina della Regione Lombardia guidata da Roberto Formigoni e per 13 anni amministratore della Parmalat di Calisto Tanzi. Negli uffici ovattati dello studio Sciumè, Bravetti e Zummo s'incontravano di nascosto per parlare di soldi”.

Tanti soldi. Si parla di un giro di denaro di 13 milioni di euro, che Bravetti, tramite la sua svizzera Arner Bank, avrebbe “smistato” a favore di Zummo su un conto fittizio aperto a favore della moglie di questi, Teresa Macaluso, un tesoro – continuano Gomez e Malagutti – “frutto di traffici di mafia”. I traffici, dunque, sarebbero stati fatti tra Bravetti e Zummo, mentre il ruolo di Sciumè sarebbe stato quello di mettere in contatto i due.

Per Sciumè nel 2008 vengono chiesti 5 anni di reclusione per il crack Parmalat. E’ prosciolto il 4 Maggio 2009. Mentre Bravetti, scrive il 16 Novembre di quest’anno Marianna Quataro su businessonline.it, “il 7 Maggio 2008 finisce per due settimane agli arresti domiciliari con l’accusa di intestazione fittizia di beni avendo aperto un conto di 13 milioni di euro a favore di Teresa Macaluso nascondendo il vero proprietario, il marito e costruttore siciliano Francesco Zummo, collegato al clan Ciancimino, indagato per mafia ma assolto in appello”. “I beni di Zummo, va¬lutati tra i 500 milioni e il miliardo di euro” - specifica l’inviato di Report Paolo Mondiani nell’inchiesta shock del 15 Novembre - “sono stati messi sotto sequestro”. Le notizie più recenti su Bravetti risalgono al 13 Settembre di quest’anno: sul sito automotornews.it (nonché sul sito dello stesso Bravetti) si leggono le sue imprese alla Targa Tricolore Porsche, il Campionato italiano che vede come principali protagoniste le porsche, insieme ai loro piloti, ad Adria a bordo della sua 964 RS.

Sempre secondo Report, scrive Bagnoli (cit.): “Del Bue (uno dei fondatori di Arner, lo ricordiamo, ndr) è le¬gato all’avvocato David Mills che, per la sentenza di primo grado confermata in appello, si sarebbe fatto pagare da Ber¬lusconi anche per nascondere fondi neri che facevano capo al¬le società Century One e Uni¬versal One”.

Century One e Universal One: il bandolo della matassa, quella che vedrebbe coinvolti nell’opera di riciclaggio di Arner i fondi neri Fininvest prima e Mediaset poi, comincia a dipanarsi.

Nascerebbe infatti tutto dall’indagine condotta a partire dal 2001 dai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo sui bilanci Mediaset, figlia di quella, conclusasi con la prescrizione con la riforma dei reati societari, sui presunti 1.500 miliardi di lire di fondi neri accantonati da Fininvest su 64 società off-shore della galassia All Iberian, l’impresa, si legge sul sito di Annozzero, “creata da David Mills per Fininvest” da cui sarebbero partite operazioni volte, come scrivono Paolo Biondani e Vittorio Malagutti su L’Espresso del 9 Luglio “a finanziare segretamente il Psi di Craxi - tangenti per 21 miliardi di lire solo tra il '90 e il '92 (un processo, conosciuto come All Iberian 1, concluso il 22 Novembre 2000 per intervenuta prescrizione del reato, ndr) - e a fornire all'avvocato Cesare Previti i soldi per comprare i giudici romani corrotti, in particolare nel caso Mondadori (per cui la sentenza a carattere esecutivo del Tribunale di Milano, depositata il 3 ottobre 2009, nella causa civile promossa da Cir contro Fininvest, stabilisce che la Fininvest di Silvio Berlusconi deve risarcire circa 750 milioni di euro, ndr). Continuano Biondani e Malagutti: “Il primo a parlare di questa tesoreria occulta è stato l'ex presidente del Torino, Gianmauro Borsano. È il 1994. Berlusconi guida il suo primo governo. Inquisito per bancarotta, Borsano rivela di aver incassato 10 miliardi di lire in nero per vendere al Milan il calciatore Gianluigi Lentini. I soldi gli erano arrivati dalla società panamense New Amsterdam, che è amministrata fiduciariamente proprio dalla Arner”.
Proprio quella Arner. Ma non è finita. L’indagine porta alla luce il ruolo presunto di due società estere collegate alla lussemburghese Silvio Berlusconi Finanziaria: la Century One e la Universal One, appunto, due società delle British Virgin Island titolari di conti svizzeri (Pier Francesco Fedrizzi parlava, in un pezzo del 28 Febbraio 2002 su Repubblica di “conti correnti aperti da Universal One e Century One presso la filiale di Lugano della Banca della Svizzera Italiana – Bsi”).
Secondo l’ipotesi accusatoria ci sarebbe stata una compravendita illecita di diritti di film made in USA: Mediaset non li avrebbe comprati direttamente, ma da società off-shore, principalmente proprio Century One e Universal One (che, in questa ipotesi, farebbero parte del comparto riservato di Fininvest, ovvero la rete di società estere esclusa dai bilanci allestita dal gruppo) che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle in una catena che faceva lievitare il prezzo ad ogni passaggio. La differenza tra il valore iniziale e quello finale consentiva di mettere da parte fondi neri.
Chiosano Biondani e Malagutti (cit.): nella motivazione per la sentenza di primo grado che il 17 Febbraio 2009 ha condannato l'avvocato inglese David Mills con l'accusa di essersi fatto corrompere da Berlusconi per testimoniare il falso nei processi in cui era imputato il Premier, confermata dalla Corte d’Appello di Milano il 27 Ottobre, “il tribunale spiega che Mills si fece pagare per nascondere ai giudici italiani che due grosse casseforti off shore, chiamate Century One e Universal One, facevano capo non ai manager Fininvest” ma ‘direttamente a Silvio Berlusconi’”
Scrive poi Walter Galbiati su Republica del 16 Novembre che “i conti esteri di quelle due società erano gestiti proprio da Del Bue, che da quei conti prelevava anche ingenti somme in contanti. In tre anni Del Bue ha trasformato in moneta sonante ben 100 miliardi di lire”. E prosegue: “Non si sa se Del Bue, che ha lasciato la carica di amministratore nel 2005, è ancora tra i soci, ma era di certo in Arner quando, secondo la ricostruzione fornita agli inquirenti dall'ex presidente del Torino Gianmauro Borsano, la società panamense New Amsterdam, amministrata fiduciariamente da Arner, versò in nero 10 miliardi di lire al Torino per il passaggio del calciatore Gianluigi Lentini al Milan”.
Ma l’opera di Del Bue, sempre secondo quanto riporta L’Espresso del 9 Luglio, pare non essere finita qui. “Nell'aprile 1996, mentre la polizia inglese perquisisce per la prima volta Mills, scoprendo le finanziarie off shore del sistema All Iberian, Del Bue si presenta nello studio dell'avvocato inglese e si fa consegnare tre faldoni di carte: guarda caso, quelle che riguardano Century One e Universal One. Per questo ora il banchiere svizzero è accusato anche di aver fatto sparire quei documenti così compromettenti per Berlusconi. Subito dopo averli ritirati, Del Bue ha un incontro riservatissimo, a Londra, con Mills e con un avvocato italiano della Fininvest: Giovanni Acampora. Lo stesso legale che ha poi subito due condanne definitive, insieme a Previti, per aver corrotto il giudice Vittorio Metta (condannato per il Lodo Mondadori in Cassazione nel 2007 a 1 anno e 9 mesi, ndr). Ma cosa c'entra Acampora con l'uomo della Arner? E perché Mills, appena perquisito, deve incontrare proprio quel corruttore italiano insieme al banchiere svizzero che ha fatto sparire le carte su Berlusconi? A queste domande Del Bue non ha dato alcuna risposta”.
Il caso Zummo-Bravetti, insomma, ha scatenato una bomba giudiziaria, esplosa con il nuovo commissariamento di Arner Bank disposto da Bankitalia il 15 Giugno 2009: Alessandro Marcheselli (commissario di Arner per volontà di Tremonti nel Settembre 2008) viene sostituito dai nuovi commissari straordinari Alberto Alessandri e Piernicola Carollo perché indagato pure lui per favoreggiamento al riciclaggio. I militari delle Fiamme Gialle l’11 Giugno perquisiscono la sede milanese di Arner. E quello che trovano di certo non permette una rapida risoluzione della vicenda. Cito da Biondani e Malagutti: “almeno una decina di conti e società off shore di cui, secondo i rilievi degli ispettori della Banca d'Italia, non sarebbe possibile individuare il reale beneficiario. È un terreno minato per definizione, ma la vicenda rischia di trasformarsi in un caso politico. Perché la Arner da circa 15 anni è la banca di famiglia di Silvio Berlusconi”, che, come ha rivelato la già citata puntata di Report, lì “ha quattro conti correnti per un totale di 60 milioni di euro, di cui uno intestato direttamente al presi¬dente del Consiglio per dieci milioni e altri tre per 50 milio¬ni a capo delle holding italiane Seconda, Ottava e Quinta, am¬ministrate dai figli Marina e Piersilvio”. Continuano poi Biondani e Malagutti: “nei documenti interni della banca spuntano i nomi di alcuni degli amici più stretti di Berlusconi, gente di assoluta fiducia, custodi di molti dei segreti del regno di Arcore. Per esempio Ennio Doris, fondatore del gruppo Mediolanum. La famiglia dell'avvocato Cesare Previti, condannato in via definitiva per i casi Imi-Sir e lodo Mondadori. Il fiscalista Salvatore Sciascia, un veterano di casa Fininvest, uno che ha tirato le fila di innumerevoli affari berlusconiani”.
Milena Gaba¬nelli, alla fine della puntata di Report, si chiede <>. Mi limito a riportare questo commento. Unitamente alla testimonianza del consulente delle Procure Giangaetano Bel¬lavia, riportata da Bagnoli su Repubblica del 16 Novembre, secondo cui “con le modifiche del 3 ottobre lo scudo fiscale è allargato alle dichia¬razioni fraudolente, alle fattu¬re false e alla distruzione delle scritture contabili”.
Il lettore tragga da sé le sue conclusioni.