martedì 19 ottobre 2010

I MISTERI DELLA BANCA ARNER

Arner è il nome di una banca svizzera di 250 dipendenti con sede centrale a Lugano, proprio sul lungolago, e filiali a Dubai, Nassau, San Paolo. E a Milano, in Corso Venezia al 54. Offre, si legge sul sito, servizi di consulenza finanziaria e management. Oltre (questo sul sito non c’è, ma non è segreto di stato) riservatezza assoluta e rifugi esentasse.
Di recente Arner è salita agli onori della cronaca per essere finita al centro di un’indagine per riciclaggio che solleva dubbi e sospetti pesantissimi in particolare sull'attività della sua succursale italiana. Nel mirino ci sarebbero giochi di sponda milionari con i paradisi fiscali. E il coinvolgimento diretto della banca nella creazione di fondi neri che riguardano Fininvest e Mediaset.
Secondo quanto scrivono Peter Gomez e Vittorio Malagutti su L’Espresso del 15 Maggio 2008 tutto avrebbe inizio con una telefonata.
 “Poche frasi secche pronunciate nel settembre 2005 da un uomo dal forte accento palermitano che si era presentato al banchiere svizzero Nicola Bravetti come ‘il signor Moro’. <Allora ci vediamo da Paolo giovedì>, aveva detto l'uomo prima di chiudere la conversazione”.

La vicenda assume rilevanza da subito perché Nicola Bravetti non è uno qualunque. “E’ fondatore (con Giacomo Schraemli, Ivo Sciorilli Borelli e Paolo Del Bue, precisa Roberto Bagnoli sul Corriere del 16 Novembre 2009), direttore e azionista della Arner Bank, l'istituto di credito che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, utilizza da quasi vent'anni per gestioni di patrimoni e operazioni finanziarie”.

Chi fossero quei misteriosi “Signor Moro” e “Paolo”, gli investigatori della Guardia di Finanza di Como, “che avevano messo sotto controllo i telefoni di Bravetti per sgominare una banda di spalloni specializzata nell'esportazione di valuta, gioielli e lingotti d'oro” lo scoprono nel giro di tre giorni. “Moro era Francesco Zummo, un importante costruttore siciliano legato a Cosa nostra (il cui nome compare spesso negli atti del maxi-processo istruito da Falcone e Borsellino) e all'ex sindaco (di Palermo, ndr) Vito Ciancimino (arrestato nel 1984 dopo che il pentito Tommaso Buscetta lo definì “organico” dei corleonesi, condannato nel 2001 a tredici anni di reclusione per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa e morto nella sua abitazione a Roma, dov’era agli arresti domiciliari, il 19 Novembre 2002, ndr)”.

Paolo, invece, era Paolo Sciumè, uno dei più noti avvocati d'affari milanesi, “all'epoca membro del consiglio di amministrazione della Banca Mediolanum, di quello del Teatro alla Scala su nomina della Regione Lombardia guidata da Roberto Formigoni e per 13 anni amministratore della Parmalat di Calisto Tanzi. Negli uffici ovattati dello studio Sciumè, Bravetti e Zummo s'incontravano di nascosto per parlare di soldi”.

Tanti soldi. Si parla di un giro di denaro di 13 milioni di euro, che Bravetti, tramite la sua svizzera Arner Bank, avrebbe “smistato” a favore di Zummo su un conto fittizio aperto a favore della moglie di questi, Teresa Macaluso, un tesoro – continuano Gomez e Malagutti – “frutto di traffici di mafia”. I traffici, dunque, sarebbero stati fatti tra Bravetti e Zummo, mentre il ruolo di Sciumè sarebbe stato quello di mettere in contatto i due.

Per Sciumè nel 2008 vengono chiesti 5 anni di reclusione per il crack Parmalat. E’ prosciolto il 4 Maggio 2009. Mentre Bravetti, scrive il 16 Novembre di quest’anno Marianna Quataro su businessonline.it, “il 7 Maggio 2008 finisce per due settimane agli arresti domiciliari con l’accusa di intestazione fittizia di beni avendo aperto un conto di 13 milioni di euro a favore di Teresa Macaluso nascondendo il vero proprietario, il marito e costruttore siciliano Francesco Zummo, collegato al clan Ciancimino, indagato per mafia ma assolto in appello”. “I beni di Zummo, va¬lutati tra i 500 milioni e il miliardo di euro” - specifica l’inviato di Report Paolo Mondiani nell’inchiesta shock del 15 Novembre - “sono stati messi sotto sequestro”. Le notizie più recenti su Bravetti risalgono al 13 Settembre di quest’anno: sul sito automotornews.it (nonché sul sito dello stesso Bravetti) si leggono le sue imprese alla Targa Tricolore Porsche, il Campionato italiano che vede come principali protagoniste le porsche, insieme ai loro piloti, ad Adria a bordo della sua 964 RS.

Sempre secondo Report, scrive Bagnoli (cit.): “Del Bue (uno dei fondatori di Arner, lo ricordiamo, ndr) è le¬gato all’avvocato David Mills che, per la sentenza di primo grado confermata in appello, si sarebbe fatto pagare da Ber¬lusconi anche per nascondere fondi neri che facevano capo al¬le società Century One e Uni¬versal One”.

Century One e Universal One: il bandolo della matassa, quella che vedrebbe coinvolti nell’opera di riciclaggio di Arner i fondi neri Fininvest prima e Mediaset poi, comincia a dipanarsi.

Nascerebbe infatti tutto dall’indagine condotta a partire dal 2001 dai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo sui bilanci Mediaset, figlia di quella, conclusasi con la prescrizione con la riforma dei reati societari, sui presunti 1.500 miliardi di lire di fondi neri accantonati da Fininvest su 64 società off-shore della galassia All Iberian, l’impresa, si legge sul sito di Annozzero, “creata da David Mills per Fininvest” da cui sarebbero partite operazioni volte, come scrivono Paolo Biondani e Vittorio Malagutti su L’Espresso del 9 Luglio “a finanziare segretamente il Psi di Craxi - tangenti per 21 miliardi di lire solo tra il '90 e il '92 (un processo, conosciuto come All Iberian 1, concluso il 22 Novembre 2000 per intervenuta prescrizione del reato, ndr) - e a fornire all'avvocato Cesare Previti i soldi per comprare i giudici romani corrotti, in particolare nel caso Mondadori (per cui la sentenza a carattere esecutivo del Tribunale di Milano, depositata il 3 ottobre 2009, nella causa civile promossa da Cir contro Fininvest, stabilisce che la Fininvest di Silvio Berlusconi deve risarcire circa 750 milioni di euro, ndr). Continuano Biondani e Malagutti: “Il primo a parlare di questa tesoreria occulta è stato l'ex presidente del Torino, Gianmauro Borsano. È il 1994. Berlusconi guida il suo primo governo. Inquisito per bancarotta, Borsano rivela di aver incassato 10 miliardi di lire in nero per vendere al Milan il calciatore Gianluigi Lentini. I soldi gli erano arrivati dalla società panamense New Amsterdam, che è amministrata fiduciariamente proprio dalla Arner”.
Proprio quella Arner. Ma non è finita. L’indagine porta alla luce il ruolo presunto di due società estere collegate alla lussemburghese Silvio Berlusconi Finanziaria: la Century One e la Universal One, appunto, due società delle British Virgin Island titolari di conti svizzeri (Pier Francesco Fedrizzi parlava, in un pezzo del 28 Febbraio 2002 su Repubblica di “conti correnti aperti da Universal One e Century One presso la filiale di Lugano della Banca della Svizzera Italiana – Bsi”).
Secondo l’ipotesi accusatoria ci sarebbe stata una compravendita illecita di diritti di film made in USA: Mediaset non li avrebbe comprati direttamente, ma da società off-shore, principalmente proprio Century One e Universal One (che, in questa ipotesi, farebbero parte del comparto riservato di Fininvest, ovvero la rete di società estere esclusa dai bilanci allestita dal gruppo) che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle in una catena che faceva lievitare il prezzo ad ogni passaggio. La differenza tra il valore iniziale e quello finale consentiva di mettere da parte fondi neri.
Chiosano Biondani e Malagutti (cit.): nella motivazione per la sentenza di primo grado che il 17 Febbraio 2009 ha condannato l'avvocato inglese David Mills con l'accusa di essersi fatto corrompere da Berlusconi per testimoniare il falso nei processi in cui era imputato il Premier, confermata dalla Corte d’Appello di Milano il 27 Ottobre, “il tribunale spiega che Mills si fece pagare per nascondere ai giudici italiani che due grosse casseforti off shore, chiamate Century One e Universal One, facevano capo non ai manager Fininvest” ma ‘direttamente a Silvio Berlusconi’”
Scrive poi Walter Galbiati su Republica del 16 Novembre che “i conti esteri di quelle due società erano gestiti proprio da Del Bue, che da quei conti prelevava anche ingenti somme in contanti. In tre anni Del Bue ha trasformato in moneta sonante ben 100 miliardi di lire”. E prosegue: “Non si sa se Del Bue, che ha lasciato la carica di amministratore nel 2005, è ancora tra i soci, ma era di certo in Arner quando, secondo la ricostruzione fornita agli inquirenti dall'ex presidente del Torino Gianmauro Borsano, la società panamense New Amsterdam, amministrata fiduciariamente da Arner, versò in nero 10 miliardi di lire al Torino per il passaggio del calciatore Gianluigi Lentini al Milan”.
Ma l’opera di Del Bue, sempre secondo quanto riporta L’Espresso del 9 Luglio, pare non essere finita qui. “Nell'aprile 1996, mentre la polizia inglese perquisisce per la prima volta Mills, scoprendo le finanziarie off shore del sistema All Iberian, Del Bue si presenta nello studio dell'avvocato inglese e si fa consegnare tre faldoni di carte: guarda caso, quelle che riguardano Century One e Universal One. Per questo ora il banchiere svizzero è accusato anche di aver fatto sparire quei documenti così compromettenti per Berlusconi. Subito dopo averli ritirati, Del Bue ha un incontro riservatissimo, a Londra, con Mills e con un avvocato italiano della Fininvest: Giovanni Acampora. Lo stesso legale che ha poi subito due condanne definitive, insieme a Previti, per aver corrotto il giudice Vittorio Metta (condannato per il Lodo Mondadori in Cassazione nel 2007 a 1 anno e 9 mesi, ndr). Ma cosa c'entra Acampora con l'uomo della Arner? E perché Mills, appena perquisito, deve incontrare proprio quel corruttore italiano insieme al banchiere svizzero che ha fatto sparire le carte su Berlusconi? A queste domande Del Bue non ha dato alcuna risposta”.
Il caso Zummo-Bravetti, insomma, ha scatenato una bomba giudiziaria, esplosa con il nuovo commissariamento di Arner Bank disposto da Bankitalia il 15 Giugno 2009: Alessandro Marcheselli (commissario di Arner per volontà di Tremonti nel Settembre 2008) viene sostituito dai nuovi commissari straordinari Alberto Alessandri e Piernicola Carollo perché indagato pure lui per favoreggiamento al riciclaggio. I militari delle Fiamme Gialle l’11 Giugno perquisiscono la sede milanese di Arner. E quello che trovano di certo non permette una rapida risoluzione della vicenda. Cito da Biondani e Malagutti: “almeno una decina di conti e società off shore di cui, secondo i rilievi degli ispettori della Banca d'Italia, non sarebbe possibile individuare il reale beneficiario. È un terreno minato per definizione, ma la vicenda rischia di trasformarsi in un caso politico. Perché la Arner da circa 15 anni è la banca di famiglia di Silvio Berlusconi”, che, come ha rivelato la già citata puntata di Report, lì “ha quattro conti correnti per un totale di 60 milioni di euro, di cui uno intestato direttamente al presi¬dente del Consiglio per dieci milioni e altri tre per 50 milio¬ni a capo delle holding italiane Seconda, Ottava e Quinta, am¬ministrate dai figli Marina e Piersilvio”. Continuano poi Biondani e Malagutti: “nei documenti interni della banca spuntano i nomi di alcuni degli amici più stretti di Berlusconi, gente di assoluta fiducia, custodi di molti dei segreti del regno di Arcore. Per esempio Ennio Doris, fondatore del gruppo Mediolanum. La famiglia dell'avvocato Cesare Previti, condannato in via definitiva per i casi Imi-Sir e lodo Mondadori. Il fiscalista Salvatore Sciascia, un veterano di casa Fininvest, uno che ha tirato le fila di innumerevoli affari berlusconiani”.
Milena Gaba¬nelli, alla fine della puntata di Report, si chiede <>. Mi limito a riportare questo commento. Unitamente alla testimonianza del consulente delle Procure Giangaetano Bel¬lavia, riportata da Bagnoli su Repubblica del 16 Novembre, secondo cui “con le modifiche del 3 ottobre lo scudo fiscale è allargato alle dichia¬razioni fraudolente, alle fattu¬re false e alla distruzione delle scritture contabili”.
Il lettore tragga da sé le sue conclusioni.

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